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Ferite e cicatrici

ANno

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Oggi vogliamo parlare di una ferita.

Questa foto racconta il dramma del bombardamento dell’oratorio di Santa Caterina sulla salita che porta a San Nicolò e poi ai Castelli. La salita e la sua strada erano una sorta di cammino di fede per il nostro popolo: a partire da Santa Maria infatti si ascendeva verso Santa Caterina, poi San Nicolò e infine al cimitero. Qui con una poesia tipica della Storia si ritrovavano i cittadini ricchi e i poveri pescatori uniti nella bellezza di poter guardare il mare per sempre. Come una consolazione.

Nel XIV secolo la Confraternita di Santa Caterina crea il suo oratorio. Le confraternite erano allora associazioni che facevano della carità l’unico aspetto solidale di una società altrimenti feudale e severa. Anche per queste ragioni le confraternite svolgevano un ruolo fondamentale e la partecipazione era sentita da tutto il popolo.

I secoli passano e arriva il novecento con le sue guerre e le sue follie. All’alba del 27 Agosto 1944 l’oratorio, tutta la sua Storia e le sue storie piccole e grandi vengono travolti e distrutti da un bombardamento angloamericano.

Ma non tutto va perduto. Per un gioco del destino o della provvidenza, Don Sturla, che officiava la messa per la confraternita, venne a sapere da un informatore, qualche tempo prima, del possibile attacco teso a distruggere il porticciolo.

Fu così che in ore convulse e frenetiche i confratelli guidati dal prete si diedero da fare per salvare il possibile e trasportare al sicuro le memorie conservate nell’oratorio. Tra le cose che si salvarono la famosa cassa di Santa Caterina scolpita dal Maragliano, che ancora oggi viene portata in processione in una cerimonia molto sentita dalla città.

La ferita ci fu, ma non fu mortale. Passarono gli anni e le vestigia dell’oratorio si sono a poco a poco trasformate in un luogo mistico dalla bellezza che si rispecchia nel mare di Levante. Così se ci vai oggi, camminando tra l’erba e i resti dell’antico pavimento, alzando gli occhi sopra la statua di Santa Caterina, vedi la lapide che ricorda chi abbiamo perduto durante i bombardamenti di quella maledetta guerra.

E allora pensi che le ferite si trasformano in cicatrici e queste trovano il loro senso, il loro spirito, nella memoria.

P.S. Queste poche righe le devo a Martino Tassano e alla sua passione per la storia della nostra città.

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