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La Sestri che amiamo

ANno

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Scappavano da scuola, con un impeto, un movimento, che sembra oltrepassare la fotografia. E ti verrebbe quasi voglia di fuggire con loro. A guardare bene potresti persino ascoltare le urla gioiose, gli scherzi, i fischi per chiamarsi, le risate. Con quei berretti da “Guerra dei bottoni”, i vestiti che la mamma ha ricucito da quelli del papà o del fratello maggiore, la cartella improvvisata o il sacco, chissà dove correvano? Se filavano dritti a casa, o giravano in via Cappellini, o ancora si lanciavano da ponente, dai Balin.

La sfocatura delle immagini ci regala quei visi che si confondono, che se non presti attenzione ai dettagli non sapresti dire quanti anni sono passati da quella corsa. A ricordartelo è Sestri che fa da palcoscenico. Ma anche Sestri la riconosci solo dalle cose che sono rimaste uguali. Le scale patrizie, il cornicione del palazzo, qualche comignolo, quell’albero che sembra concludere il carruggio all’orizzonte ottico.

E in questo gioco della memoria puoi perderti e pensare a quando tu hai corso su quella strada coi tuoi compagni, al vicolo che porta in baia dove baciavi il tuo primo amore, a quell’amico al quale hai dato l’ultimo addio in piazza davanti alla chiesa, a tuo nonno che ti teneva per mano da bambino a un carnevale di troppi anni fa.

Così ora che non la puoi vedere dal vero, scopri che la Sestri che ami è quella che nulla e nessuno potrà mai cambiare. Perché si trova nel tuo cuore e sarà sempre con te.

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